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La statua di Eleonora d’Arborea: chi l’ha voluta, com’è nata e perchè
Come è nata l’idea di erigere una statua monumentale a Eleonora / Elianora d’Arborea, a Oristano? Chi ha portato avanti il progetto e l’ha sostenuto, anche economicamente? Che cosa rappresentava la figura di Eleonora, nel contesto storico in cui la statua è stata concepita ed eretta? Quali sono i collegamenti con i noti falsi delle “Carte d’Arborea”?
La statua fu inaugurata con cerimonia solenne il 22 maggio 1881, dopo tredici anni di gestazione dell’idea, in un’epoca nella quale la cosiddetta “Eleonoromania” (termine usato dalla “Gazzetta Popolare”) pareva essere all’apice.
La storia della statua di Eleonora d’Arborea merita un’attenzione particolare, per la ricchezza dei dettagli caratterizzanti un periodo della storia sarda (e oltre isola, in realtà) che, approfonditamente indagato, può aprire a molteplici chiavi di lettura riguardanti anche il “presente”.
Proponiamo un brano tratto dal testo di Lorenzo del Piano “Giacobini e Massoni in Sardegna fra Settecento e Ottocento”:
“Le iniziative del Lachenal [Pietro Francesco Lachenal o de Lachenal, fondatore della prima loggia massonica in Sardegna, a Cagliari, la loggia “Vittoria”, NdR] di costituire prima un’associazione di beneficenza, poi un’accademia letteraria, si erano risolte in un fallimento. Pieno successo ebbe invece un’altra iniziativa, alla quale molti massoni lavorarono con vivo impegno, e cioè la costruzione ad Oristano di un monumento ad Eleonora d’Arborea, sulla quale aveva richiamato l’attenzione la nuova storiografia sarda, e che Carlo Cattaneo aveva contribuito a far conoscere in campo nazionale.
Uno dei più attivi propagandisti di questa iniziativa, fu Giuseppe Regaldi, da non molto trasferito a Cagliari, quale docente di letteratura italiana, ed impegnatissimo anche a far conoscere Dante e il suo poema. Non sdegnava del resto di celebrare, avvalendosi delle sue doti di improvvisatore, avvenimenti locali, quali le nozze della contessina Albertina Ciarella con l’avvocato Francesco Elena, mentre in campo accademico teneva una prolusione sul Medioevo ed una conferenza su Carlo Magno e l’abate San Fulgenzio, utilizzando, come altri studiosi del tempo, le false Carte d’Arborea. Il Regaldi fu sempre in prima linea nelle celebrazioni, conferenze, manifestazioni varie che si tennero in onore della Giudicessa di Oristano con l’immancabile fioritura di composizioni in versi più o meno felici, delle quali una almeno sopravvisse per decenni. Si tratta precisamente dell’inno che, ancora agli inizi del ‘900, qualche maestro elementare faceva imparare a memoria e cantare ai suoi alunni. Le parole dell’inno rispecchiano in termini di immediata efficacia l’immagine di Eleonora, legislatrice e guerriera. […]
Non manca nemmeno un accenno alla morte che Eleonora incontrò durante un’epidemia, mentre assisteva i malati. […]La Sardegna attraversò dunque un periodo, per usare l’espressione della “Gazzetta Popolare”, di Eleonoromania, sicché il nome della Giudicessa venne dato tra l’altro ad una delle prime locomotive che percorsero i pochi chilometri di strada ferrata costruiti nel 1864-65. Dobbiamo ancora accennare ad un melodramma intitolato a Eleonora d’Arborea, con parole di Gavino Nino e musica del cav. Enrico Costa, capitano di S. M. della Guardia Nazionale di Napoli; ad un “Elixir febbrifugo Eleonora” prodotto ad Oristano dal farmacista Raffaele Leu, e ad una corrispondenza da Firenze nella quale si dava notizia di un “lavoro musicale per pianoforte, intitolato Eleonora d’Arborea, dell’avv. Emanuele Federici, dedicato ad una damigella di codesta città delle più valenti nell’arte di toccare quello strumento. Tale produzione, oltre di essere gentile, è pure di singolare effetto ecc.”.
Sul piano organizzativo, l’iniziativa venne sostenuta da diversi comitati, presieduti quello di Cagliari da Antonio Giuseppe Satta Musio, che per l’impegno col quale svolse l’incarico venne soprannominato “Brancaleone”, dal nome di Brancaleone Doria, marito di Eleonora; quello di Oristano, dal canonico Salvatore Angelo De Castro. Da Casale non mancò l’appoggio del Lachenal, che costituì un comitato di signore e signorine, presieduto dalla moglie Lucilla, che ottenne un’offerta di 20 lire dal vescovo senatore Luigi Nazari di Calabiana.
L’appoggio che la Massoneria dette all’iniziativa attraverso i suoi affiliati non passò inosservato, specie dopo l’offerta di 300 lire da parte della loggia “Vittoria”, con conseguenti gravi imbarazzi per il De Castro, dato che i paolotti di Oristano erano convinti che il comitato di Cagliari fosse un nido di massoni.
Tra le altre iniziative per raccogliere fondi, fu presa anche quella di bandire una lotteria, con doni, offerti un po’ da tutti, che avrebbero entusiasmato Guido Gozzano. Stando all’elenco che ne venne pubblicato non mancavano fra i premi le “buone cose di pessimo gusto”, da “una spilla in oro con testa di corallo rappresentante il Generale Garibaldi” a “una pianta di pomi di cera”, da tenersi ovviamente sotto una campana di vetro, a un più elaborato “lavoro in cera rappresentante una pianta di Maria Luisa con api che libano i fiori e un ragno che va alla loro caccia”, offerto dal P. Vincenzo Scano dei Domenicani, e ancora un “quadretto montato entro un bouquet di fiori in capelli”, un “cavagnino lavorato in pelle bianca” e un “porta orologio lavorato in seta e perline”, offerti rispettivamente dalla signora e dalle damigelle Canessa. Innumerevole la serie di ricami per pantofole e cuscini, gli oggetti anche pregevoli di artigianato sardo, di diverso interesse i libri, tra i quali l’Album della spedizione sarda in Oriente, offerto dal generale Luigi Castelli: doni tutti dei quali si sarebbe potuti entrare in possesso, assistendo la fortuna, per la cifra allora non modica di una lira, importo del biglietto della lotteria. Anche in questa circostanza, vennero organizzati diversi comitati, costituiti in parte da massoni, o da persone legate alla Massoneria. I premi furono esposti nell’Aula Magna dell’Università, il concorso di pubblico enorme, la festa pienamente riuscita, come riconobbe la “Gazzetta popolare”.
Rimaneva tuttavia aperta la questione principale, quella della costruzione del monumento, in relazione alla quale il Satta Musio inviava una lunga lettera aperta al Venerabile della Loggia Massonica “Vittoria”. Analoghi chiarimenti il Satta Musio forniva, rispondendo ad una sua lettera, al sindaco di Oristano, mettendo in rilievo la collaborazione che all’iniziativa era stata offerta anche dal continente. Su questo tema il Satta Musio tornava l’anno dopo, in un clima reso meno sereno dalle polemiche e dalle insinuazione sulla destinazione dei fondi sino ad allora raccolti; insinuazioni alle quali l'”Osservatore”, definito dai clericali “il giornale della Lega ateistica” replicava chiedendo i conti delle spese sostenute per la Festa della Madonna di Bonaria. Il Satta Musio continuava peraltro l’azione intrapresa tenendo anche a Sassari un’accademia in onore di Eleonora d’Arborea, ed avviando a realizzazione l’iniziativa, grazie agli accordi stabiliti con lo scultore Ulisse Cambi, mentre affiorava l’idea di costruire un monumento ad Eleonora anche a Roma.
Il problema fu risolto rapidamente dal Cambi, che ribattezzò col nome di Eleonora una statua da dedicarsi all’Italia. Scolpì quindi il piedistallo, i cui marmi contenuti in 57 casse, furono trasportati gratis sia dalla Compagnia Rubattino, sia dalla Compagnia reale delle Ferrovie sarde, che aveva ripreso e quasi completato i lavori. Ulteriori complicazioni sorsero perchè ad Oristano nessuna delle aree disponibili sembrava idonea ad accogliere il monumento. Venne così deciso di creare un apposito spiazzo, acquistando e demolendo una casa, come scriveva il sindaco al Satta Musio.
Dopo tredici anni da quando era stata lanciata l’idea, poté così inaugurarsi il monumento, ciò che avvenne il 22 maggio 1881, con la massima solennità e con enorme concorso di autorità e di pubblico, provenienti, grazie alla ferrovia, da tutta l’isola. La statua fu scoperta mentre un coro di giovinette cantava l’inno composto per l’occasione.
Parlarono quindi il sindaco, il prefetto, il sottoprefetto, il sindaco di Cagliari ed ultimo il Satta Musio. Altri discorsi vennero pronunciati dopo il banchetto tenuto nel convento dei Filippini, mentre Enrico Costa, intervenuto quale inviato speciale del “Gazzettino sardo” di Sassari, improvvisava “bellissimi versi, accolti da vivi applausi”.
Completarono il programma dei festeggiamenti, il ballo tenuto al Teatro San Martino e, il giorno dopo, una sfilata di gruppi in costume di Ploaghe, Fonni, Nuoro, Bono, Osilo, Paulilatino, Ossi, Sorgono, Orune, Dorgali, Oristano (costume antico), Samugheo, Busachi, Gavoi, Ozieri, Iglesias, con premi ai costumi migliori indossati da “distinte signorine”. Vennero premiati anche i bambini delle elementari e, nel pomeriggio, i partecipanti alle corse dei cavalli, guidati in acrobatiche evoluzioni, da cavalieri indossanti i costumi di Paulilatino, Fonni, Mamoiada, Oristano, Tula, Abbasanta, Milis. L’indomani 24 fu estratto a sorte un ritratto di fantastia di Eleonora d’Arborea, offerto dal Satta Musio. Il ritratto era rimasto esposto per tre giorni nella piazza del Municipio. Le manifestazioni si conclusero con uno spettacolo di fuochi artificiali.
La gratitudine di Oristano fu espressa dal sindaco al Satta Musio, per il quale l’inaugurazione del monumento ad Eleonora interruppe un periodo di dispiaceri e avversità, che avevano avuto inizio nel 1877, quando il “Corriere di Sardegna” aveva cominciato ad andar male finanziariamente, sicchè da quotidiano era diventato prima settimanale poi bisettimanale”.
Lorenzo del Piano, “Giacobini e Massoni in Sardegna fra Settecento e Ottocento”, Cap. III “Massoni e cattolici nel primo periodo unitario” (par. 8 – Antonio Giuseppe Satta Musio e il monumento a Eleonora d’Arborea) pagg. 176-180.