Approfondimenti
L’antica e misteriosa lingua di un popolo nomade della Sardegna
L’antica e misteriosa lingua di un popolo nomade della Sardegna al centro della conferenza “Il gergo dei ramai di Isili” tenuta dal linguista Salvatore Dedola presso la sala conferenze Honebù il 01/12/2017, con la presentazione di Pierluigi Montalbano e le domande del pubblico.
Riprese, montaggio, fotografie: Nicola Marongiu e Cinzia Carrus
Reportage fotografico a cura di Cinzia Carrus:
Di seguito un estratto dalla “Grammatica della Lingua Sarda Prelatina” di Salvatore Dedola, che fa luce su quella che viene considerata “pura eredità del plancher sumero-accadico eurasiatico”:
[…] Sardella fu il primo a far esalare le dicerie che il gergo ramaio isilese avesse origini albanesi, ossia indo-europee. Io qui dimostro l’intuizione del Sardella, traducendo senza alcuna difficoltà tutto il gergo ramaio con la lingua sumerica, e con l’antico-accadico, ossia con la lingua sarda delle Origini. Debbo però ammettere che non sarei riuscito nell’intento senza che i citati Francesco Corda, Giovanni Mura e John Trumper mi avessero spianato la strada rendendo disponibile il loro Vocabolario Ramaio. Occorrerebbe un convegno ad hoc sui Ramai. E allora potremmo sostenere che il gergo ramaio un tempo era unificato, apparteneva ad una confraternita che riconosceva la propria unità attraverso i poli del rame (uno dei quali stava in Sardegna, grazie alla buona disponibilità iniziale del minerale). I ramai si riconoscevano come fratelli, e se oggi sul rame notiamo l’impronta degli Zìngari girovaghi, dobbiamo riconoscere in questi il residuo di un vasto movimento di tecnologia e di vendita d’artigianato talmente importante da pervadere gran parte dell’Eurasia. I Ramai furono i primi metallurghi della storia euroasiatica, coloro che giravano dappertutto portando e vendendo prêt-à-porter. Ovunque c’erano rocce cuprose, arrivarono i ramai, o mandarono i propri figli. Gli altri metallurghi, quelli del bronzo e poi del ferro, vennero dopo, si applicarono ad altri minerali, furono innovatori, coniarono una nuova tecnologia che occorreva proteggere: era tecnologia bellica. I metallurghi del rame giravano invece liberamente per l’Eurasia, penso che arrivassero infino all’India, e non smisero mai di girovagare nemmeno nei tempi storici, nemmeno negli ultimi secoli della nostra Era. I fucinatori del bronzo, e poi quelli del ferro, furono, dicevo, una casta da proteggere e nascondere. Furono sequestrati dai grandi principi, dai re, dagli imperatori: non poterono propalare la propria tecnologia. La quale era così decisiva, che con essa i Filistei tennero soggiogati gli Ebrei per oltre un secolo. Fu con essa che gli Hitti ebbero agio di soggiogare i popoli anatolici e di sfidare a più riprese l’Impero egizio. Il ferro era un casus belli, e toccò ai popoli andarlo a scovare dove c’era, producendo intrusioni di massa ovunque c’erano le nuove tecnologie, ovunque si potesse estrarre il minerale. Erano nate le guerre d’invasione. […]
Fonte: “Grammatica della Lingua Sarda Prelatina”, Salvatore Dedola (2.2.1 Il gergo dei ramai di Ìsili: pura eredità del plancher sumero-accadico eurasiatico)