Approfondimenti
Un racconto lungo… 200.000 anni
La sbobinatura dell’intervista a Salvatore Dedola (qui il video), lo studioso ribelle relatore del documentario “Sardegna Tempio delle Acque” (click qui per la preview del documentario).
Buongiorno ai nostri amici. Siamo in compagnia di Salvatore Dedola che ci ha concesso un’intervista per entrare nel cuore della sua ricerca. Siamo a Sinnai, nel suo studio e in questi trenta minuti cercheremo di conoscere meglio il suo percorso.
Salvatore, da linguista presentati con tre parole.
Ecco, io direi… scandalo, metodo e interpretazione. Per capirci: non c’è che da scandalizzarsi quando si vedono certi studi etimologici che non possono essere accettati, per ovvie ragioni. Per esempio… quando un linguista dice che il cognome Madeddu in origine significava “orinale”, dice cose false in quanto i cognomi sono antichi nomi personali i quali venivano dati dalla madre, dal padre, in termini amorosi e non certo offensivi. Per cui è pazzesco chiamare orinale un proprio figlio. Questo determina proprio il mio scandalo e rende scandalose le opere che scrivono queste cose. Poi per esempio, possiamo citare come “metodo” il nome Mariano, che noi conosciamo specialmente tramite il Giudice Mariano di Arborea (quello che scrisse il codice agrario poi trasformato, ampliato, nella Carta de Logu da parte di sua figlia Elianora.) Ai tempi di Mariano non esistevano ancora in Sardegna nomi di santi: l’ho dimostrato nei miei libri, nomi di santi cristiani non ne esistevano. Per cui tutti quei nomi vanno interpretati in base alla lingua pregressa della Sardegna, quella espansa a maggioranza in Sardegna, che a mio avviso era lingua semitica.
Cosa è successo dopo la tua formazione alla scuola indo-europeista, ormai quarant’anni orsono?
Io ho seguito quel tipo di educazione accademica per trentadue anni senza battere ciglio, però questo non mi impediva di fare il mio mestiere di glottologo. La loro teoria… mi sono accorto soltanto dopo tanti anni che era sbagliatissima. Tenete conto che la lingua è nata 200.000 anni fa; le lingue nel mondo sono nate allora, con l’Homo Sapiens. Poi man mano si è andati avanti giungendo fino all’uomo di Cro-Magnon, ma siamo già a 40.000 anni fa. Tutti periodi in cui c’erano le glaciazioni! Come faceva l’uomo a vivere lassù, in quei territori, sopra 3 km di ghiaccio? Lì la vita non c’era, per cui non può essere nata lì la lingua, nel modo più assoluto. Io dopo tante riflessioni ho capito… mi sono avvicinato alle ricerche antropologiche che sostengono che l’uomo è nato nell’Africa Orientale. La lingua è nata nel sud; e dal sud si espanse verso nord, e non viceversa come dicono loro.
Chi è Max Leopold Wagner e che cosa rappresenta secondo te oggi?
Wagner fu uno studioso di fine ‘800, un tedesco il quale fu mandato in Sardegna per indagare a fondo il sistema linguistico sardo. Egli è il maggior studioso della lingua sarda, fino ad oggi nessuno è riuscito a soppiantarlo e proprio perché ha dato sistematicità alla materia che prima era molto fluida, è venerato come un santone. Indubbiamente ha fatto moltissimo in moltissimi lavori dai quali bisogna partire per andare avanti o eventualmente contestarlo. Lui è una pietra miliare negli studi della linguistica sarda. Fino a pochi anni fa io lo ammiravo… ma poi indagando a fondo i suoi studi mi sono reso conto che aveva delle falle formidabili… una delle tante è questa: il concetto, secondo me al 100% ideologico, che la Sardegna è stata eternamente colonizzata. Colonizzata esplicitamente dagli italici – che tramite la Corsica arrivavano in Sardegna – e dagli ispanici, prima di tutto i catalani (e gli ispanici e iberici in generale, arrivati in Sardegna in un secondo flusso, dal 1323). Insomma, è una situazione che noi non possiamo tollerare in quanto ciò che lui sostiene è confutabilissimo. Io l’ho confutato in tutti i miei libri, sia perché l’influsso italico non c’è mai stato – ho dimostrato nei miei libri che la Sardegna ha convissuto col mondo Tirrenico alla pari prima e anche dopo l’impero Romano, gestendo la propria lingua in tranquillità. Con la Catalogna, per esempio… il regno d’Arborea aveva nei secoli precedenti Eleonora dei rapporti ottimi. C’erano matrimoni fra principesse catalane e principi sardi, e viceversa; questo significa che il contatto con gli iberici i sardi l’hanno sempre avuto, ma non nella maniera che dice il Wagner, anche perché Wagner parla sempre in termini di colonizzazione e perciò di imposizione. Una lingua non potrà mai essere imposta a meno che non riuscirai ad espellere da un territorio la maggioranza delle persone. Per cui è chiaro che le sue teorie sono fortemente zoppe.
Quando è nata la tua curiosità, ovvero come hai intuito che c’era qualcosa che non quadrava rispetto alla dottrina universitaria? Quali sono state le incongruenze più evidenti?
Tutto nacque quando mi iscrissi al Club Alpino Italiano. Io giravo per il territorio sardo, per tutte le montagne, con le carte topografiche in mano – come questa – dove ci sono migliaia di toponimi che vanno interpretati e io non riuscivo ad interpretarli perché moltissimi di loro erano incomprensibili..!, giusto quanto dicevano i precedenti linguisti. Infatti Wagner non approcciò mai ai toponimi sardi perché per lui erano… astrusi, insomma. Io già da allora, visto che ero laureato, facevo le varie relazioni – come queste – che distribuivo alle persone che mi seguivano in montagna, in cui descrivevo le montagne e tutti i luoghi in termini geologici, botanici e anche linguistici, cioè cercavo di dare le etimologie ai luoghi dove passavamo. Però il problema era proprio quello: che essendo così astrusi questi toponimi alla fine io facevo a meno di tradurli. Questo sistema è andato avanti per 32 anni… 32 anni in cui io ho scritto secondo la maniera del Wagner. In tutte le mie relazioni ci sono interpretati i toponimi, ma alla sua maniera – che poi mi accorsi che era la maniera sbagliata – per cui ho dovuto rifare tutto. Nel mio libro di toponomastica spiego qual è il vero metodo per affrontare i toponimi. Chiaramente il confronto con i toponimi è stato terribile perché affrontare un toponimo, qualunque esso sia, fa tremare le vene e i polsi… Non sto a dire quale metodo ci vuole per affrontarli in modo giusto, è già difficilissimo perché c’è un’enorme corruzione nelle trascrizioni che hanno fatto in cartina… però io mi sono fatto le ossa su questi studi. Poi da lì sono andato oltre e dato che c’ero mi sono messo anche a indagare tutto il resto dello scibile sardo – scrivendo sempre sulle etimologie – il libro dei pani, della flora, della religione, dei cognomi e così via… ed eccomi giunto ad oggi.
Quindi hai avuto una risposta esaustiva rispetto al metodo del Wagner che ti ha, diciamo, bloccato per quei 32 anni?
Esatto, col Wagner non riuscivo ad andare avanti. Il mio fu uno sforzo veramente grosso perché dovevo andare contro la scuola dei maestri e contro ogni tipo di interpretazione banale. Specie sui toponimi l’interpretazione banale è la prima trappola nella quale uno non può cadere nel modo più assoluto.
Quali barriere hai incontrato e quali i limiti?
Le barriere furono intanto strumentali, nel senso che io quando decisi di mettermi in autonomia per fare ricerche linguistiche senza l’aiuto di altri linguisti (dopo aver letto i loro libri, chiaramente! – e visto che erano libri inaccettabili… non potevo chiedere il loro aiuto) andai a cercare nelle varie biblioteche sarde, a iniziare da quelle universitarie di Cagliari, se esistevano dizionari semitici e grammatiche semitiche. In tutta la Sardegna non esisteva niente di tutto questo. Da lì capisci perfettamente che i vari professori – fra l’altro l’avevo scoperto quando ero all’università – utilizzavano esclusivamente, per le loro etimologie, i libri di greco e i libri di latino. Allora l’ostacolo strumentale fu grosso e io lo superai ordinando via posta tutti i dizionari semitici… quello sumerico, quello egizio etc.. e da lì mi misi insieme alle grammatiche a studiare e approfondire. Riuscii con quelli a tradurre totalmente la lingua sarda; però ci si misero in mezzo gli stessi accademici i quali accortisi della mia attività mi impedirono l’ingresso all’università, dove pure ero stato convocato dagli studenti per tenere conferenze e in più lanciarono nei miei confronti la “damnatio memoriae”… di me non si poteva parlare nel modo più assoluto.
Qualcuno ha detto “l’albero che cresce non ha nostalgia delle radici”… nel tuo indagare le radici della lingua così come sono state ufficialmente presentate finora, hai evidenziato numerosi stereotipi, strumentalizzazioni, a volte superficialità…… a questo proposito, perchè è così importante, oggi, che una persona (specialmente un sardo) si interessi all’origine delle parole, e quindi alle origini di una cultura?
Ci sono moltissime persone che sono innamorate dei problemi della lingua sarda e vogliono approfondirli. Cosa succede? Che Wagner è tenuto in gran conto proprio per questo motivo: perché gli amanti dei problemi della lingua sarda sono ancora moltissimi (spero che aumentino) ma utilizzano gli strumenti ormai “canonizzati”; quelli del Wagner sono “canonici” e loro abbracciano questo fatto come fosse l’unica possibilità che hanno per acculturarsi delle materie che riguardano la Sardegna.
Quindi, dici tu, una cultura è bene indagarla con un metodo e un approccio etimologico realmente scientifico, che prescinde dalla visione canonizzata del Wagner che ormai è accolta da tanti ma che non porta da nessuna parte, a tuo modo di vedere…
Certo, infatti non porta da nessuna parte.
Ad oggi quante sono le parole della lingua sarda che hai tradotto utilizzando il tuo metodo?
Sono 15.000.
Quindi in tutti i tuoi libri, ovvero le 10 pubblicazioni attuali più l’enciclopedia che sta per uscire hai trattato circa 15.000 parole…
Sì, ma nel mentre sto analizzando e rivedendo ab imo tutto il dizionario del Wagner; sono circa alla metà. Infatti fra poco dovrò pubblicare il nuovo dizionario etimologico della lingua sarda partendo proprio dal Wagner, per cui sono moltissime le parole che io ho analizzato finora.
Raccontaci in estrema sintesi qual è la tua visione.
La mia visione è capovolta rispetto a quella indo-europeistica o indo-germanistica. Tenendo conto che gli studi più accreditati sostengono che l’uomo nacque nell’Africa orientale e da lì risalì verso nord, allora la mia visione è questa: l’uomo dall’Africa passò nel Sinai, risalì verso la Mezzaluna Fertile e da lì si espanse verso est arrivando verso gli altipiani iraniani e poi giungendo fino all’India.
Verso Nord se ne andò in Turchia, superò il Caucaso ed entrò nelle pianure a Nord del Caucaso (in Ucraina etc..) e passando dalla Turchia e scendendo dai Balcani scese verso la Grecia. Dalle porte di Trieste scese verso l’Italia. Naturalmente, siccome tutto questo accadde in epoche di glaciazione, loro passarono principalmente – anzi, soltanto – nei territori dove mancavano i ghiacci. Io sto indicando i territori dove non c’erano i ghiacci, perciò è chiaro che in Sardegna arrivarono durante le glaciazioni, non durante le inter-glaciazioni o dopo le glaciazioni.
Puoi parlarci del tuo metodo e spiegarci perchè nei tuoi libri hai prediletto un’analisi di tipo comparativo/confutativo con gli autori che ti hanno preceduto?
Intanto dobbiamo dire che dai miei studi ho dimostrato – e ne sono convinto – che la lingua sarda è fortemente arcaica; cioè risale alle origini del linguaggio, perciò a 200.000 anni fa… o comunque sia questo linguaggio fu portato in Sardegna, al limite, dall’uomo di Cro-Magnon, 40.000 anni fa. Questo significa che nel bacino mediterraneo si instaurò una lingua unica, quella di cui poi parlò anche la Bibbia. Una lingua unica, la Ursprache (detta alla tedesca) … chiaramente divisa nei vari dialetti specialmente dopo che i vari popoli che passavano in questi territori si stanziavano. Chiaramente suddivisa in varie lingue, in vari dialetti, era comunque una Ursprache tramite la quale i popoli si riuscivano a capire. La Sardegna pertanto, non è stata colonizzata da italici, da spagnoli che portarono la loro lingua. Ebbe e condivise una Ursprache per tutto il Mediterraneo. Questa è la mia posizione e io nei miei libri cerco di spiegare tutto questo che per me è estremamente semplice… non ha niente di strano. Mentre… quelli che io combatto sostengono che la lingua sarda è un effetto di colonizzazione, punto e basta. Cioè (secondo loro) i sardi, pur esistendo ai tempi del paleolitico, in pratica non parlavano o comunque sia il loro linguaggio fu scalzato – con violenza evidentemente – dai popoli che li invasero da tutte le parti. C’è qualcuno che sostiene addirittura che la Sardegna fu invasa dai baschi, cioè vennero da tutte le parti per invadere la Sardegna distruggendo il linguaggio. Io sostengo invece che non è così, che la Sardegna fin dall’inizio ha parlato la sua lingua originaria e ancora la mantiene. Ancora la mantiene! Per cui la lingua in Sardegna non è mai morta.
Io cerco di spiegare questo nei miei libri e cerco di confutare le teorie colonialiste perché secondo me le teorie colonialiste sono fortemente ideologiche: non portano da nessuna parte se non alla distruzione di un sistema culturale.
Quindi diciamo che questa lingua pan-mediterranea, che è stata utilizzata per comprendersi dai popoli del mediterraneo e non solo, la ritroviamo ancora oggi nella parlata attuale in Sardegna.
La ritroviamo nella parlata sarda, ma la ritroviamo nel plancher italiano… gli italici non è vero che parlano l’antica lingua latina o parlano per influsso della lingua latina. Gli italici, come noi, conservano un fondo poderoso di parole anch’esse sumeriche ed accadiche, per cui parlavamo la stessa lingua. Anche il latino era una suddivisione della Ursprache mediterranea, ma non è che fu la lingua che poi determinò le parlate neo-latine, nel modo più assoluto!
A volte la tua animosità, la tua passione nell’esporre le questioni può essere colta da alcuni come una forma di imposizione della tua visione in senso “assoluto”, l’unica possibile insomma… In realtà questa eventuale impressione crolla di fronte a diversi fatti, ad esempio fai sempre appello al confronto, al dialogo con gli altri studiosi e con chiunque ne abbia interesse… C’è qualcosa che vuoi comunicare a riguardo?
Io comunico innanzitutto con coloro che si stanno iscrivendo alla mia pagina Facebook, comunico con coloro che vengono alle mie conferenze; chiaramente fra di loro o tramite loro aspiro molto a… che si mettano in contatto con me i giovani glottologi… perché sono gli unici con i quali è possibile creare questo nuovo sistema per il quale mi sto battendo.
Nel corso di questi 40 anni di ricerca hai scritto su diversi temi: dalla flora della Sardegna alle traversate a piedi dell’isola, dai pani ai cognomi, dalla toponomastica alla grammatica della lingua sarda prelatina, hai scritto di religione dedicando un volume alla tesi sul monoteismo precristiano. Quali saranno i tuoi prossimi passi? Sappiamo che hai scritto una grossa enciclopedia della civiltà sardiana, in fase di pubblicazione, e stai lavorando al dizionario etimologico della lingua sarda… quando potrai dirti soddisfatto?
Fra un anno e mezzo, quando avrò terminato il lavoro del Wagner, – credo lo chiamerò NuDELSa: Nuovo Dizionario Etimologico della Lingua Sarda – darò mano finalmente ad un sogno che cullo da tantissimi anni. Ci sto già lavorando ed è completato per circa la metà: terminerò il dizionario etimologico della lingua sassarese.
Fuori dal contesto delle cosiddette “traduzioni pilotate”, fornite da chi tende a ricondurre esclusivamente allo strato greco/latino le parole della lingua sarda… c’è un consenso generalizzato sulla traduzione che fornisci di queste parole?, che tu sappia ci sono altri studiosi che sono arrivati alla tua stessa visione o simile?
Purtroppo sono pochissimi. Quelli del lontano passato meglio non citarli. Il più recente, che poi è quello che è diventato il mio maestro, è il professor Giovanni Semerano che dice le mie stesse cose. Lui era un uomo di rara cultura.
Si può dire che tu stia aiutando anche i profani a capire che si può pensare una strada libera dalla cosiddetta “apologia del conquistador”? Un approccio che si disfa della cultura del dominio, esplorando con nuovi occhi cos’é stato e chi è il popolo sardo, e non solo?
La “teoria del conquistador”, la teoria in base alla quale la Sardegna ha ricevuto sempre e mai dato, è una teoria chiaramente ascientifica. Io cerco di capovolgere la questione dimostrando (ci sono anche documentazioni storiche da questo punto di vista) che una lingua non muore mai se viene parlata almeno dalla maggioranza delle persone. Una maggioranza sia pur esigua ma maggioranza. Si vede che siamo in mano a certi “maniaci” che non riescono a porre metodo nei loro studi. Allora io chiuderei proprio con questo: scandalo, metodo e interpretazione. Senza lo scandalo per le male cose che succedono, senza il metodo per organizzare i propri studi rendendoli proprio… tetragoni ad ogni tipo di attacco, e senza l’interpretazione e l’intuizione non si riuscirà a creare nessun sistema etimologico della lingua sarda.
Grazie del tempo che ci hai concesso e buon lavoro Salvatore.
Grazie.
L’ articolo di Nexus Edizioni sull’intervista a Salvatore Dedola. Click qui